IV Domenica di Avvento
>> domingo, 22 de dezembro de 2013 –
HOMILIAS
(Is 7,10-14; Sl 23(24); Rm
1,1-7; Mt 1,18-24)
La ragione non
è il limiti.
Carissimi fratelli e sorelle,
oggi celebriamo la quarta Domenica di Avvento, e fra pochissimi giorni, il
Natale del Signore. La nostra anima dovrebbe stare gioiosa per la venuta di
Gesù, che come abbiamo meditato, nelle domeniche precedenti, è venuto, vieni e
verrà. Forse ancora non siamo nel vero spirito Natalino, ma come ci resta
ancora qualche giorni, è tempo ancora di prepararci, e oggi ci proponiamo a
fare questo attraverso San Giuseppe. Si, fermeremo nostro sguardo nella nostra
meditazione d’oggi in colui che è stato scelto da Dio Padre, per custodire le
ricchezze più importante dell’umanità: Gesù e Maria.
Conosciamo bene la storia
della nascita di Gesù, perché già l’abbiamo ascoltato diverse volte, e nella
liturgia d’oggi ancora un’altra volta più. Ma come forse le diverse attività
dell’anno non sono ancora finite, penso che San Giuseppe può aiutarci tanto a
prepararci bene in queste giorni che restano ancora per il Natale. Perché?
Sarà che già ci fermiamo a
meditare sul serio sulla situazione esistenziale del padre adottivo di Gesù?
Penso che il suo dramma esistenziale, specialmente narrato per l’evangelista
Matteo nella liturgia di questa Domenica, ci presenta una ricchezza veramente
impressionante, che può illuminare tanto il nostro camminare terreno. Va bene, allora
ci mettiamo all’interno del Vangelo.
Cosa sappiamo di San Giuseppe
fino al quel momento del suo sogno rivelatore? Primo, che era giusto davanti a
Dio (Mt 1,19), secondo, che era un uomo
della casa di Davide che aveva Maria per sposa (Lc 1,27), terzo, che era un
falegname in Nazareth. Questi informazioni ci sono sufficiente per sapere il
fondamentale alla nostra meditazioni d’oggi. Era giusto, nel linguaggio biblico
essere giusto significa essere santo, integro, adoratore, sincero, reto di
cuore. Aveva Maria per sposa, però non
erano andati ancora a vivere insieme (Cfr. Mt 1, 18). In quel tempo il
matrimonio era celebrato in due momenti distinti, gli sponsali (erusim), che avena valore giuridico di
un matrimonio, ma ancora non avevano fatto le bode solleni (nissuim o liqquhim), che era proprio la festa in cui lo sposo portava
festivamente la sposa alla sua casa, che generalmente era fato dopo un ano
degli sponsali. Dopo sappiamo anche che era un falegname in Nazareth, ora
Nazareth era un villaggio piccolissimo (più meno 200 metri di lunghezza per 150
larghezza) con pochissimi abitanti, dunque possiamo, senza difficoltà credere
che Giuseppe, per il suo lavoro, era conosciuto tra tutti.
Queste dettagli fanno tutta
la differenza per capire il suo dramma esistenziale. In quel piccolissimo
villaggio lui sicuramente conosceva bene Maria, e proprio per essere giusto,
reto, si ha interessato per una donna anche giusta, virtuosa, fedele a Dio e
perciò le aveva scelto per essere sua sposa. Ma ecco che gli viene una notizia
difficilissima d’accettare, la sua sposa era incinta! Lui sapeva che questo figlio non era suo,
perché non vivevano ancora insieme, e sapeva anche, come tutti noi sappiamo,
che una donna non diventa incinta senza la cooperazione di un uomo. Allo steso
tempo, lui non c’era dubbio sulla virtù di Maria, la conosceva da tanto tempo.
Come sarebbe possibile che una donna così virtuosa come Maria, fare un
tradimento così grande a lui?
Giuseppe, immerso nella
tristezza di un apparente inganno, in un dubbio terribile, allo stesso tempo
consapevole di che qualsiasi decisione
sua, avrebbero grandi conseguenze, non ha voluto diffamare Maria, perché non
gli voleva male, allo stesso tempo la sua integrità morale di un uomo giusto
non gli permetteva accettare tale situazione, abitare insieme con una donna in
chi non poteva avere, in quella situazione, piena fiducia.
Ecco il suo dramma
esistenziale! Stava nel limiti della ragione naturale: il conoscimento che
aveva sul Maria e il fatto di Lei stare incinta. Ma lui era un uomo temente a
Dio e non ha deciso vivere questa situazione senza pregare. Sicuramente ha
trovato una decisione meno drastica nella preghiera. Il Vangelo non ci dice
nemmeno che lui ha chiesto qualche segno a Dio, così come ascoltiamo di Àcaz
nella prima lettura, non ha voluto tentare il Signore, (cfr. Is 7, 12).
Allora Giuseppe “poiché
era un uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in
segreto.” (Mt 1, 19) Se lui l’ha accusassi, secondo la legge del suo
tempo, lei sarebbe snocciolata, dunque la sua decisione portava su di sé le
brute conseguenze, perché al lasciarla in segreto, lui mai più potrebbe ritornare
al suo villaggio, dove aveva costrutto la propria vita, perché la bruta
riputazione sarebbe attribuita a Lui. Vediamo che lui ha portato per sé le
conseguenze cattive. Questo significava cambiare di luogo, rincominciare una
vita, dal zero in un’altra parte.
Carissimi fratelli e sorelle
quanta grandezza di anima di Giuseppe. Il Signore realmente non si inganna,
quando da una missione, da anche tutte le grazie che uno bisogna per portarla a
compimento. Dio bene sapeva che un’intervenzione sua era necessaria, perché
dopo mettere Giuseppe a prova, una prova durissima, che non aveva una soluzione
soltanto attraverso la luce naturale della ragione, gli ha parlato attraverso
la fede.
“Mentre stava considerando queste
cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: Giuseppe,
figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, Infatti il
bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo” (Mt 1, 20-21)
L’angelo del Signore gli ha
parlato in sogno, forse perché faticato e superato per la stanchezza, lui non
ha avuto più forze per ragionare, e la risposta di Dio gli è venuta come un
dono, una grazia.
Carissimi, quante volte anche
noi non troviamo delle risposte per i dramme esistenziali della nostra vita,
quante volte siamo superati anche per la fatica, per i problemi apparentemente
senza soluzioni? Proprio per questo San Giuseppe è per noi oggi, in questa
Domenica, un modello di fede. Dobbiamo imitarlo. Questo significa che dobbiamo,
come lui, cercare di essere giusti, vivere secondo gl’insegnamenti di Dio,
pregare, in somma, cercare di fare tutto quello che è possibile, ma quello che
per noi è impossibile, lasciamo nelle mani di Dio, per chi tutto è possibile!
(cfr. Mt 19,26)
Il signore mai ci abbandona,
mai ci lascia da solo. Dobbiamo imparare ad essere veramente uomini e donne di
fede. Non dobbiamo cercare di rispondere tutto, risolvere tutto, fare tutto.
Quante volte perdiamo il nostro sonno, il nostro tempo, la nostra gioia e pace
interiore tentando trovare una soluzione che ci porte ad una uscita. Infatti la
parola ci dice: “Se il Signore non costruisce la casa, invano vi faticheranno i
costruttori (…) Invano vi alzate di buon mattino, tardi andate a riposare e
mangiate pane di sudore: Il Signore ne darà ai suoi amici nel sonno”
(Sl 126)
Allora, come San Giuseppe, il
nostro primo scopo deve essere cercare di vivere davanti a Dio, sicuramente
cercare anche di compiere le nostre responsabilità, ma senza mai dimenticare
che “Né
chi pianta, né chi irriga è qualche cosa, ma è Dio che fa crescere, perché
siamo il campo di Dio, l’edificio di Dio” (cfr. 1Cor 3, 7.9)
Dunque lasciamo un può le
nostre preoccupazione diverse, e cerchiamo l’essenziale: preparare bene il
nostro cuore per il Natale di Gesù, se non abbiamo ancora fatto, cerchiamo di
fare una buona confessione sacramentale per il Natale, affinché il Signore possa
trovare in noi una dimora accogliente, desiderosa della sua presenza. La
propria nascita di Gesù ci fa ricordare che dobbiamo farci piccoli, lasciarsi
educare per Maria e Giuseppe.
Carissimi, la ragione è senza
dubbio importante, ma non possiamo mai dimenticare che in questa vita, dobbiamo
anche camminare per la fede, infatti la ragione c’è i suoi limiti.
Finiamo chiedendo l’aiuto di San Giuseppe, patrono della
Chiesa universale, per aiutarci ad avere “mani innocenti e cuore puro” - Sl
23(24) - affinché possiamo vivere veramente un santo Natale e permettere che la
nascita di Gesù possa rinnovare la nostra fede, speranza e carità.