III Domenica di Avvento
>> domingo, 15 de dezembro de 2013 –
HOMILIAS
(Anno A) – Gaudete
(Is 35,1-6a.8a.10; Sl 145; Gc 5,7-10; Mt 11, 2-11)
Spera nel Signore
Carissimi fratelli e sorelle, oggi celebriamo la terza Domenica di Avvento,
la così chiamata “Domenica Gaudete”. Gaudete dal latino significa rallegrarsi,
gioire, perché siamo già alla metà del Tempo di Avvento, il Natale è vicino e
dunque abbiamo già cominciato un percorso di preparazione, i presepi già ci
sono, le luce nelle vie anche ci fa pensare che questo non è un evento comune,
ma il grande evento della storia dell’umanità. Il Natale è la festa
dell’incarnazione di Gesù, e questo significa che Dio è in mezzo a noi, con noi
e per noi. Vorrei proporre come tema della nostra meditazione d’oggi cosa
significa aspettare, il rallegrarsi nella spera. Già che la spera, alle volte
può essere anche motivo di impazienza, oppure angoscia, mancanza…
La prima lettura presenta
poeticamente l’allegria e felicità degli ebrei ritornate dall’esilio, una
allegria manifestata anche per la natura “Si rallegrino il deserto e la terra arida,
esulti e fiorisca la steppa” (Is 35, 1-2). Il motivo della gioia è la
liberazione dell’oppressione straniera, la possibilità di adorare nuovamente a
Dio nel culto dovuto, ma questa esultazione c’è anche un senso profetico forte
perché parla ancora di salvezza, di una ricompensa divina, di una Venuta
Divina. (cfr. Is 35, 4-5). Dunque ci sono sensazione diverse, la gioia di una
liberazione e un’aspettativa ancora più importante, di una venuta messianica,
divina.
Qui troviamo la chiave di
lettura per la nostra meditazione, aspettare soltanto può essere qualcosa
buona, quando non è ansia, ma una certezza di qualcosa buona che viene con
sicurezza, questo aspettare non è confuso con l’ansia, ma si identifica con la
speranza, è gioia, allegria e è giustamente questo il senso di questa “Domenica Gaudete.” Dunque questo è
l’oggetto della nostra ricerca spirituale di questa celebrazione, addentrare
profondamente nella speranza soprannaturale e non c’è nessun problema se in
questo momento della nostra vita forse siamo più in ansia che in speranza,
perché questo percorso cominceremo adesso, nesta liturgia, insieme tra noi e
con l’aiuto dello Spirito Santo.
Carissimi come abbiamo
meditato nella prima Domenica di Avvento (http://padregilberto.blogspot.com.br/2013/12/i-domenica-di-avvento-is-21-5-sl-122-rm.html) la
nostra attesa della venuta del Signore non è infondata, Egli è già venuto una
volta nel seno dello Vergine Maria, Vieni ogni giorno nell’eucaristia e verrà
un’altra volta nella gloria (cfr. Ap 7,16-17; 21-2-4). Questo sappiamo per rivelazione
della Scrittura, e per esperienza nella comunione sacramentale. Dunque è un
dato proprio di fede e chi cominciamo a vedere che la speranza non è possibile
senza la fede.
La fede già c’è l’abbiamo,
ricevuta da Dio, d’altra forma non ci sarebbe qui, in questa messa, ma è anche
vero che alle volte la dimentichiamo un può, o la permettiamo dormire, perché
non è difficile faticarsi in questo mondo pieno di cattiveria, menzogna,
calunnia, oppure perché la società odierna è sempre molto affrettata, non ci
lascia tempo da pensare, alle volte quello che doveva essere motivo di gioia
diventano preoccupazione, angoscia, famiglia, figli, lavoro, studio ecc., così,
sappiamo bene non è semplice rimanere sempre in spirito di preghiera e questo è
proprio il compito che il diavolo fa con efficacia, specialmente in queste
tempi.
Come la fede non delude e la
chiesa è madre e maestra, l’invito oggi è proprio questo: trasformare, per la
grazia di Dio e non attraverso un semplice volontarismo, la nostra ansia
mescolata di preoccupazione in spera nel Signore.
Gesù è la soluzione dal Padre
per la nostra vita, per i nostri amori, famiglia, figli, lavoro, studio, basta
permettere che questa realtà ci penetri al cuore. Contemplare il presepio
diventa un aiuto ai nostri sensi per ricordare: Gesù conosce l’esistenza umana,
ha vissuto nella carne la vita umana, conosce le nostre sofferenze e
preoccupazioni, dunque facciamo ascolto alla voce dell’apostolo Giacomo, “Siate
costanti, fratelli miei, fino alla venuta del Signore.” (Gs 5,7-10)
Questo vediamo anche nel
Vangelo, Giovani Batista ha fatto questa esperienza di fede, ha trasformato la
sua angoscia del carcere in speranza teologale quando ha avuto la risposta di
Gesù, che lui era proprio quello chi lui tanto aspettava e annunziava. (cfr. Mt
11. 2-4)
Carissimi fratelli e sorelle,
in questo offertorio invito a tutti a un atto veramente di fede: lasciare
sull’altare non soltanto i nostri doni materiale, ma principalmente la nostra
realtà vissuta, offrire a Dio la nostra vita, le persone che bisognano di noi,
il nostro lavoro, il nostro studio, tutto quello che occupa tanto spazio nel
nostro pensiero, l’incomprensione e che alle volte ci ruba la pace.
Così il deserto della nostra
esistenza diventa un fiume di vera gioia, ma per questo bisogna immergersi
nelle profondità dell’amore di Dio, lasciarsi contagiare dalla fede che infatti
ci fa sperare nel Signore, specialmente quando abbiamo l’impressione che le
cose ritardano da venire, quando i risultati non sono quelle che abbiamo pianeggiato.
Finiamo pregando alla Madonna
che ha saputo sperare nel Signore, per generare il signore nel suo grembo, ma
anche nel suo cuore, e diciamo come il salmista: “Viene Signore, a salvarci.”