I Domenica di Avvento
>> domingo, 1 de dezembro de 2013 –
HOMILIAS
( Is 2,1-5; Sl 122; Rm 13,1-14; Mt 24,37-44)
“Egli è venuto, vieni e verrà”
“Egli è venuto, vieni e verrà”
Carissimi fratelli e sorelle, oggi
celebriamo la prima Domenica di Avvento, questo tempo liturgico proprio bello,
che ci invita a meditare in Gesù, che è venuto, che vieni e che verrà. È venuta
una volta, incarnato nel seno della Vergine Maria per opera dello Spirito
Santo. Che vieni oggi nei sacramenti, nella preghiera, nella carità. Che verrà
nella gloria per rinstaurare la creazione decaduta dal peccato e fare nuove
tutte le cose. Nella nostra meditazione d’oggi cercheremo di preparare bene il
nostro cuore per vivere con frutto questo periodo bello, affinché questo Natale
non sia un periodo di frivolezza e falsità, ma un vero incontro con Dio che è
venuto, vieni e verrà perché ci ama, ci vuole, ci aspetta e ci santifica.
Egli
è venuto! Si proprio si, come annunziava i profeti dello Antico Testamento e ci
ricorda la prima lettura, e perché è venuto? “per noi uomini e per la nostra salvezza”. Come è venuto? “per opera
dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è
fatto uomo.” Cosi conferma il Nuovo Testamento, “E il Verbo si è fatto uomo ed è
venuto ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1,1 4a) .
Carissimi
cosa vuoi dire “Egli è venuto” nella nostra vita? Penso che ci aiuta tanto
immaginare il popolo ebreo di quel tempo. Oppressi da un imperatore cattivo,
senza poter rendere il culto dovuto a Dio, senza libertà di scegliere un
legittimo re che davvero loro rappresentassi, più di questo senza la libertà di
essere felici nella terra data da Dio, una situazione vera di privazione. Ma la
loro speranza era una promessa, aspettavano una grande novità, il vero Re, che
doveva venire per rinnovare e liberare dall’oppressione interiore e esteriore.
Questo re è venuto, e quelle che sono state attenti, hanno potuto sperimentare
una gioia mai sentita, mai vissuta, molto bene rappresentata nel cantico di
Simeone “Ora lascia, o Signore che il tuo
servo vada in pace secondo la tua parola; perché i miei occhi han visto la tua
salvezza preparata da te davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti
e gloria dal tuo popolo Israele” (Lc 2, 29-32). Questo cantico è il segno di una anima
felice, perché quando una speranza viene compiuta, la certezza di che tutto ha
valuto la pena è il balsamo che alimenta la nostra vita.
Io
mi ricordo sempre che dopo la morte della mia mamma, 4 mesi prima della mia
ordinazione davanti ai miei occhi dopo aver ricevuto la santissima eucaristia,
se da un lato me ha dato una consolazione immensa per vedere che il Signore ha
compiuto ciò che avevo sempre chiesto, ossia, la salvezza per la persona che
più amavo, d’altro lato ha lasciato un buco enorme in me. Dopo tanta sofferenza
ho letto nuovamente queste parole da Papa Benedetto che mi hanno aiutato tanto,
“La redenzione
ci è offerta nel senso che ci è stata donata la speranza, una speranza
affidabile, in virtù della quale noi possiamo affrontare il nostro presente: il
presente, anche un presente faticoso, può essere vissuto ed accettato se
conduce verso una meta e se di questa meta noi possiamo essere sicuri, se
questa meta è così grande da giustificare la fatica del cammino. (Spe Salvi, 1)
Penso che ho capito per la prima volta
in vita mia cosa era la sensazione del popolo di Israele e più di questo, cosa
era il dolore. Dopo meditare e parlare tanto con Dio, nella prima volta che ho
celebrato la santa messa, il mio cuore ha potuto sorridere nuovamente, perché queste
parole dal Papa si hanno compiuto in vita mia, e ho capito che la venuta di
Gesù attraverso le mie mani, queste mani che sono state generate nel seno della
mia madre, era per me e per tutte quelle che dipendevano da me, la redenzione e
la gioia da Dio offerta.
Si, Egli è venuto, è venuto a me, per
guarire le mie ferite, e darmi nuovamente il senso della vita, ma non è venuto
soltanto per me, ma per tutti quelle che amavo e amo.
Carissimi, ma dobbiamo ricordare che
nessuno può vivere da una esperienza del passato, proprio perché ognuno di noi
abbiamo anche l’esperienza della finitudine e finitezza umana, e la vita ci
presenta in ogni momento l’esperienza del bene e del male. Quindi dobbiamo
ricordare anche che Lui non è venuto soltanto una volta, ma che ancora viene,
ogni giorno, perché sa che bisognammo oggi e sempre di questa certezza, di
questa speranza per non chiuderci nei problemi, nelle tribolazioni della nostra
vita. Dunque l’esperienza che abbiamo fato diverse volte della venuta di Gesù
deve farci tornare sempre al vero amore.
È proprio per questo che la Chiesa ci
fa celebrare ogni anno l’avvento, perché è Maestra e Madre e come una buona
madre sa ché la vita umana bisogna vivere e rivivere una e diverse volte l’amore,
perché l’Esperanza bisogna essere sempre rinnovata.
Egli
viene a noi nei sacramenti, specialmente quando ci perdona i nostri peccati
nella confessione, e soprattutto nell’eucaristia che fra poco riceveremo, ma
viene anche nei fratelli e sorelle che bisognano il nostro amore, il nostro
aiuto, la nostra forza, la nostra fede.
Se
facciamo sempre la esperienza della preghiera, saremo in grado di vedere
che Egli vieni anche nascosto nella sofferenza, nella croce nostra di ogni
giorno, nelle domande alle volte senza risposte, nella fatica quotidiana. In
queste momenti Egli viene e ci chiede una risposta d’amore per aiutarlo
nell’opera di redenzione. Ma qui, l’unica forma di vedere questo è in un primo
momento il ricordo della sua venuta, dopo attraverso la fede di che viene
ancora. Infatti bene sappiamo, pela forza delle nostre cadute, che la
sofferenza senza preghiera diventa angoscia, disperazione.
Carissimi
non è vero che il male è l’ultima risposta, che la cattiveria di nemici di Dio
vincerà. Non vogliamo e non possiamo credere questo!
Se è
vero che la preghiera quotidiana ci permette l’incontro con Dio, sappiamo che
questa fede si confonde tante volte con la speranza. Quindi non c’è fede senza
speranza, e come ci ricorda le parole da Santo Padre Benedetto XVI, la fede può
essere detta speranza, e non c’è speranza se non c’è certezza di vittoria.
Cosi
fratelli e sorelle, siamo sicuri della nostra speranza, perché della stessa
forma che Gesù e venuto una volta e viene ogni giorni nei sacramenti, preghiere
e opere di carità è tanto vero che Egli verrà nuovamente, ma la prossima venuta
sarà trionfante, definitiva, per guarire il mondo, la creazione. Per dare a
ognuno la loro ricompensa. Per lavare le nostre vesti con il suo amore una
volta per sempre, per compiere la sua promessa. Chi semina l’odio non
raccoglierà mai amore. Ma “chi semina
nelle lacrime raccoglierà con gioia” (Sl 126), perché la lacrima lava e
purifica e la fede riavvia e santifica
Allora
cosa fare? Cosa vivere? Ci rispondi il Vangelo d’oggi, “Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro
verrà (…) Perciò anche voi tenetevi pronti” (Mt 24, 44). L’avvento è
proprio il tempo di meditare le tre venute di Gesù, di mettere in pratica di
una forma rinnovata la nostra fede, di svegliarsi dalla fatica, dal peccato,
dalla tristezza. Dice la seconda lettura, “è
tempo di svegliarsi dal sonno, perché adesso la nostra salvezza è più vicina di
quando diventiamo credenti. La notte è avanzata, il giorno è vicino. Perciò
gettiamo via le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce.
Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno: non in mezzo a orge e
ubriachezze, non fra lussurie e impurità, non in litigi e gelosie. Rivestitevi
invece del Signore Gesù Cristo” (Rm 13, 11b-14a). Questo Gesù che è venuto,
che vieni e che verrà.
Coraggio,
non camminiamo mai da soli! Con la Vergine Maria, nostra madre, con San
Giuseppe e tutta la corte celestiale, “andiamo
con gioia incontro al Signore” (cfr. Sl 121).
Invito
a tutti a pensare e parlare questo davanti al tabernacolo, come ieri mi
ricordava una grande amica. “Signore, credo, aumenta la mia fede”, ma dire non
solo con le parole, ma con l’anima contrita e desiderosa dal vero amore, dunque
ripetiamo, “Signore, credo, aumenta la mia fede”, affinché io ti possa dire
nuovamente “Tu sai, tutto, Tu sai che io
ti amo” (Gv 21, 17), che ti voglio amare più, con tutto quello che sono,
che ho vissuto, che vivrò.