XXX Domenica del Tempo Ordinario
>> domingo, 27 de outubro de 2013 –
HOMILIAS
“Chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece
si umilia sarà esaltato”
Carissime fratelli e
sorelle, il Vangelo d’oggi ci presenta due personaggi principali interessanti:
il fariseo e il pubblicano. Le due volevano fare una vera ed autentica
preghiera davanti al Signore.
Sembra ovvio che la
preghiera del pubblicano è quella che ha più gradito a Dio, perché è stata fata
con il cuore umile e con la vera coscienza di sé, lui si vede proprio come
quello che è, un peccatore. Piuttosto vorrei chiamare l’attenzione per un dettaglio
di solito inosservato da noi. Anzitutto vediamo chi erano le due in quel
contesto specifico.
Il fariseo era un uomo del
culto, vero conoscitori della Sacra Scrittura, dei comandamenti di Dio,
impegnato della educazione religiosa della sua gente. Adesso vediamo chi era il
pubblicano. In quell’epoca vi erano due categorie di pubblicani, una prima, che
era chiamata pubblicani generali, da cui apparteneva stranieri responsabili
della renda dell’imperio davanti all’imperatore romano e una seconda categoria,
chiamata delegati, che erano uomini dello stesso paesi anche delegato
dall’imperatore per la raccolta degli imposti. L’attitudine del pubblicano
detto da Gesù nel Vangeli ci mostra che molto probabilmente lui era della
seconda categoria di pubblicani, perché lo vediamo facendo una preghiera al
Signore di Israele, i pubblicani della prima categoria invece avevano Cesare
come dio e non facevano preghiera al Dio di Israele.
Tutti i pubblicani erano
viste come cattivi dalla popolazione, ma perché? Ricordiamo che gli ebrei erano
il popolo scelto dal Signore e vivevano nella terra promessa dal Signore, dove
dovevano rendere il culto dovuto a Dio, quindi per gli ebrei pagare imposto
nella terra data da Dio a un imperatore non ebreo, era proprio una grande
umiliazione. Cosi immaginammo come un pubblicano della seconda categoria era
considerato un traditore del Signore, un uomo del proprio paese, che aveva
ricevuto l’insegnamento della Sacra Scrittura e he diventava dopo un
funzionario di un imperatore tirano!
Questa visione ci permette
immaginare meglio il costringimento sociale e religioso del pubblicano del
Vangelo d’oggi.
Lui “non osava nemmeno alzare gli
occhi al cielo” (Lc 18, 13b) perché si sapeva un indegno di Dio.
Qui presento il dettaglio
di solito inosservato del quale o detto nell’inizio della nostra meditazione.
Sarà che il fariseo era un uomo ingiusto? Di solito si pensa che si, ma io
penso di no. Perché? Ascoltiamo nel Vangelo che lui pregava cosi: “O
Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altre uomini, ladri, ingiusti,
adulteri e, neppure, come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e
pago le decime di tutto che possiedo.” (Lc 18, 11-12)
Gesù in nessun momento lo
riprende per star facendo una preghiera bugiarda, dunque possiamo credere che
lui diceva la verità, davvero faceva tutto quello che pregava. Allora dov’è il
problema di questa preghiera, già che Gesù ci rivela che lui non è andato via
giustificato?
Il problema non sta
sicuramente in quello che faceva, oppure non essere ladro, adultero, ingiusto è
una cosa cattiva? Accaso fare digiuno due volte per settimana, pagare le decime
di tutto quanto si possiede al Signore è una cosa sbagliata? Dov’è dunque il
problema di questa preghiera?
Il problema, penso, sta
nel fato delle sue “buone opere” lasciarlo cieco alla realtà soprannaturale,
lui si è dimenticato con Chi parlava quando pregava, con il Dio Giusto, Santo,
Onnipotente e Misericordioso. Si presentava proprio pensando stare nelle stessa
condizione di Dio, e non come un adoratore di Dio, la sua vita cosi giusta lo
faceva pensare essere giusto, già pronto ecc.
Il pubblicano invece era
consapevole dei suoi peccati, della sua ingiustizia, della sua condizione
indegna davanti a Dio, perciò pregava dicendo “O Dio, abbi pietà di me
peccatore.” (Lc 9, 13b) la sua vita ingiusta no gli ha lasciato cieco.
Possiamo qui immaginare il cuore di questo uomo, consapevole delle sue
mancanze, ma soprattutto pentito della sua condizione, un cuore veramente
contrito.
Carissimi fratelli e
sorelli, qui sta il dettaglio, dobbiamo essere come il fariseo davanti alle
realtà temporali e come il pubblicano davanti alle realtà spirituale. Si,
proprio cosi. E qui aspetto non fare scandalo nelle vostre coscienze!
C’è anche il rischio della
falsa umiltà, di presentarci davanti alle altri come peccatori, deboli, però
soltanto per guadagnare un elogio.
Dobbiamo praticare i
comandamenti, evitare il peccato, il furto, l’ingiustizia, l’adultero, ecc. Ma
non possiamo permettere che questi operi davvero giuste e buone, ci diventi
ciechi davanti a Dio. Non pensiamo essere giustificate perché cerchiamo di vivere
d’accordo con i valori imparati nella nostra fede, giusta e santa. La vita reta
insieme alla preghiera deve diventarci vere adoratori di Dio. Il peccato
evitato deve tornare il nostri occhi capaci di contemplare Dio come Lui è,
Santo, Buono, Onnipotente e Misericordioso. Il frutto della vita reta e della
preghiera umile è l’adorazione a Dio e la autocoscienza di chi siamo, peccatori
amati da Dio, ma sempre peccatori.
Cosi erano i santi, uomini
e donne che cercavano agire bene e che si sapevano peccatori, perché quanto più
vicino a Dio, più possiamo vedere come Lui è, la vera Luce, e questa luce
illumina la nostra vita e cosi vediamo con chiarezza che abbiamo bisogno di
migliorare sempre, aiutare gli altri, specialmente quelle che sono più
bisognose, soprattutto quando la loro mancanza è la fede, la stessa fede che
abbiamo ricevuto per la misericordia di Dio e che ci ha portato qui oggi a
questa santa messa.
Fratelli e sorelle, questa
è la coscienza dell’apostolo Paolo come possiamo vedere nella seconda lettura,
evidentemente lui sapeva molto bene che aveva fato tanto per il regno di Dio,
che aveva convertito tantissime persone con il suo lavoro, però perché la sua
vita giusta collegata alla preghiera umile gli faceva vedere che era il Signore
lo conduceva sempre, “Il Signore mi è stato vicino e mi ha dato
forza, perché io potessi portare a compimento l’annuncio dl Vangelo e tutte le
genti lo ascoltassero: e cosi fui liberato dalla bocca del leone.” (2Tm 4,17)
Carissime non importa in
quale posizione oggi ci troviamo, se quella del fariseo o quella del
pubblicano, l’importante è rinnovare la nostra forza nell’eucaristia che fra
poco riceveremo, nella grazia di Dio che attraverso la preghiera umile troveremo,
ogni instante, ogni momento, specialmente adesso, nella santa messa, che è la
preghiera più gradita a Dio, in cui offriamo a Dio il vero e santo sacrificio,
attraverso delle mani del sacerdote, come con fede risponderemo dopo
l’offertorio: “Il Signore riceva dalle tue mani questo sacrificio a lode e gloria del
suo nome, per il bene nostro e di tutta la sua santa Chiesa.”
Finiamo
chiedendo alla Madonna che ci aiuti ad umiliarci davanti a Dio, per essere
elevati per la sua forza e per la sua misericordia infinita.