XXIX Domenica del tempo ordinario
>> sábado, 19 de outubro de 2013 –
HOMILIAS
“Ma il figlio dell’uomo quando verrà, troverà la fede sulla terra?” (Lc 18, 8b)
Il
Vangelo d'oggi ci presenta l'immagine di un giudice disonesto che, faticato
dalla vedova insistente gliela dato quello che gli chiedeva.
Carissime
fratelli e sorelle, vorrei cominciare la nostra meditazione ricordando il
concetto di giustizia, un po’perso nella nostra società odierna oppure, alle
volte un po’confuso e svuotato. Di solito si pensa che giustizia è dare a tutte
di forma uguale, considerare tutte persone della stessa forma, perché tutte
sono uguale davanti alla società e davanti a Dio. Però per poter capire con più
frutti quello che ci vuole parlare il Signore, penso, dobbiamo chiarificare
meglio questa idea sbagliata o almeno confusa ed incompleta.
Allora
ricordiamo il vero concetto di giustizia dato dall’Ulpiano, famoso giurista
romano dal II secolo “Justitia est constans et perpetua voluntas jus suum cuique tribuendi”, ossia, “la giustizia è la volontà constante e
perpetua di dare a ognuno quello che è suo”. Dunque vivere la giustizia
non significa dare a tutte lo stesso, ma dare a “ognuno quello che è suo”, e qui dobbiamo aver presente anche Dio,
per un motivo molto semplice, tra noi, colui che non è in grado di dare a Dio
quello che è suo, mai riuscirà riconoscere quello che appartengono alle altre.
Allora dobbiamo domandarci: lo che è di Dio?
La prima risposta che ci viene in mente è tutto, perché “Egli ha fatto cielo e terra” (Sl 120(121),2),
però per non cadere in superficialità approfondiamo questa risposta. Cosa
significa per noi, dare a Dio il nostro tutto? Sarà che è possibile dare tutto
il nostro tempo a Dio, tutte i beni che abbiamo, tutte le persone che amiamo?
Sicuramente in senso generico si, però nella pratica questo può sembrare
impossibile, una volta che abbiamo tante doveri nella vita che ci occupa il
pensiero e la nostra attività quotidiana. Allora possiamo aver presente che Dio
non vuole che semplicemente demo a Lui tutto, semplicemente perché tutto è già
suo e tutto quello che abbiamo è stato dato da Lui, ma spera che possiamo
santificare tutto quello che ci ha dato, a cominciare per il nostro tempo, che è
il tesoro maggiore che
ci ha dato per guadagnare la vita eterna e essere felici anche in questo mondo.
Cosi
possiamo domandarci, quanto del mio tempo, della mia giornata offro a Dio?
Sicuramente possiamo dare tutto, offrendo il nostro giorno già nella mattina,
quando suona la sveglia, però la nostra esperienza ci mostra che tante volte
dimentichiamo di Lui nel resto del giorno. Allora cosa dobbiamo fare? Semplice,
cercare di mettere in pratica nella nostra vita il concetto di giustizia che
abbiamo appena ricordato.
Dedicare
un tempo della nostra giornata per fare una buona, personale, sincera e
fiduciosa preghiera, se possibile davanti al sacrario. Non possiamo pensare che
siamo angeli, dunque abbiamo il bisogno di amare Dio anche con il nostro corpo.
Ci sono tante studi psicologiche che comprovano questo, la nostra condizione
esistenziale ha la necessità del sacro. Quindi della stessa forma che un’atleta
bisogna educare il proprio corpo all’attività fisica, dobbiamo educare il nostro
corpo e mente alla preghiera. Significa che abbiamo il bisogno di metterci in
ginocchio, alzare le mani al cielo ecc.
Questo
ci ricorda il Santo Padre Francesco: “contemplarLo, adorarLo e abbracciarLo, nel
nostro incontro quotidiano con Lui nell'Eucaristia, nella nostra vita di preghiera,
nei nostri momenti di adorazione; riconoscerlo presente e abbracciarlo
anche nelle persone più bisognose. Il “rimanere” con Cristo non significa
isolarsi, ma è un rimanere per andare all’incontro con gli altri adorazione;
riconoscerlo presente e abbracciarlo anche nelle persone più bisognose.”[1] Penso che questo “abbracciarLo” da cui parla il Papa è giustamente
questo fare preghiera anche con il corpo, che rivela non soltanto un attitudine
fisica, ma anche spirituale come possiamo vedere nella prima lettura della
missa: “Quando Mosè alzava le mani, Israele prevaleva; ma quando lasciava
cadere, prevaleva Amalèk.” (Es 17,11)
In
questo senso mi ricordo sempre di una madre che ha perso il suo figlio in un
accidente automobilistico, che me diceva che prima di andare all’ospedale per
trovare il suo figlio già in coma, ha fato una doccia e in quel momento si ha
messa in ginocchio e mentre l’acqua calda gli veniva, con le mani alzate
chiedeva forza a Dio per supportare quel momento senza perdere la fede, la speranza
il desiderio di vivere e che sorpresa mia, quando lei mi ha detto che ha
ricevuto in quello stesso momento una delle maggiori consolazioni di tutta la
sua vita.
Nel fine della giornata, dopo aver lavorato,
studiato, servito, quando la stanchezza ci toma il corpo e la mente, possiamo
fare un breve esame di coscienza i rendere grazia a Dio per il giorno vissuto e
fare un piccolo proposito per la giornata seguenti.
Carissime fratelli e sorelle, soltanto saremo in
grado di dare a ognuno quello che è suo, quando cominciamo a dare a Dio quello
che è di Lui.
Dunque facciamo adesso, in questo offertorio il
proposito sincero e generoso di organizzare la nostra vita di forma che
possiamo distribuire bene il nostro tempo, con giustizia, dedicando sempre al
Signore un tempo di preghiera personale, e non dimentichiamo, questo non è
impossibile perché, come abbiamo ascoltato nel salmo “Il nostro aiuto viene dal Signore” (cfr. Sl 120,2). Chiediamo anche
alla Madonna che ci insegni a rendere a Dio la nostra vita come Lei stessa gli
ha offerto.
Cosi finiamo la nostra meditazione rispondendo alla
domanda di Gesù “Il Figlio dell’uomo,
quando verrà, troverà la fede sulla terra?” (Lc 18,8b) Si, Signore sperammo
che la possa trovare in noi, che siamo la vostra chiesa, i vostri figli amate,
la vostra famiglia in questo mondo.
[1] 27.07.13 SANTA MESSA CON I VESCOVI DELLA XXVIII GMG E CON I SACERDOTI, I ELIGIOSI E
I SEMINARISTI.