II Domenica della Quaresima

   Carissime fratelli e sorelle, oggi celebriamo la seconda Domenica quaresimale. La Quaresima non è un tempo qualsiasi, è un periodo durante il quale, pur continuando la nostra vita ordinaria, siamo chiamati di una forma più intima e personale a riconsiderare il nostro rapporto con Dio e con i nostri fratelli e sorelle più vicine.
La prima lettura ci presenta un’immagine molto bella che ha segnato profondamente la vita di Abram. La chiamata fatta dal Signore ha lasciato il patriarca impressionato, perciò il Signore faceva una promessa grandissima che soltanto con gli occhi naturali non se poteva contemplare. Cosi dice il Signore: Abram “Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle e soggiunse: tale sarà la tua discendenza” (Gen 15,5).
Carissime sono parole fortissime che se leggiamo senza l’attenzione propria può passare inosservato. Il contesto è lo seguente: Il Signore sta parlando di discendenza familiare a un uomo anziano sposato con una donna anziana e sterile! La Promessa fatta dal Signore bisogna non soltanto la fede de Abram come anche il suo buon umore…
Ma cosi sono le promesse del Signore, molto più grande di quanto possiamo immaginare. Una discendenza non era soltanto il sogno di Abram, era anche il segno più forte della benedizione di Dio nella vita di una persona. Una coppia senza figli, in quell’epoca, era come una famiglia dimenticata dal Signore.
Carissime perché la liturgia d’oggi ci presenta questa lettura? Per ci fare ricordare che la chiamata fatta dal Signore attraverso la Chiesa di fare più penitenza e preghiera in questo periodo c’è lo scopo di rinnovare la nostra speranza, la nostra gioia, la nostra forza di vivere in questo mondo pieno di tribolazione.
Quando ci sentiamo disanimati oppure un può stanchi con la vita, con i nostri limiti e debolezze dobbiamo ricordare di questo, la grazia di Dio c’è il potere di fare nuove tutte le cose. Il Signore mai si dimentica di noi, ci prepara e aiuta ad superare le difficoltà della nostra povera esistenza umana. Dobbiamo ricordare sempre dei momenti forti che abbiamo passato nella presenza di Gesù. Di quanto Egli ha fatto nella nostra vita, di tutto che ci ha dato e di tutto che abbiamo già superato. Ricordare dei momenti che abbiamo pensato non avere soluzioni, che era il fine di tutto, e piano piano, con fede e, forse un può di buon umore, abbiamo superato.
Il Vangelo ricorda la trasfigurazione del Signore ai suoi discepoli Pietro, Giovanni e Giacomo sul monte Tabor, questo ha successo giustamente una settimana prima della crocifissione di Gesù. Vediamo che il Signore ha voluto fortificare la fede dei suoi amici prima del momento di dolore, perciò il Signore mai ci da una croce più grande che quella che possiamo portare.
Certamente la ricordazione della Trasfigurazione di Gesù ha portato fede e forza agli apostoli in diversi momenti della loro vita, specialmente nei momenti di tribolazione, persecuzione, paura ecc.
Nella Trasfigurazione la nube rappresenta la presenza divina come ha successo anche con Mosè nel Monte Sinai e la voce che parla, conferma la parola di Gesù sulla sua passione e morte.
Carissime davanti agli difficoltà della vita dobbiamo fare come Abram, alzare la testa e gli occhi e guardare il cielo, raccontare le stelle e imitando la sua fede, credere con forza che Dio ha tutto il potere di fare discendenza dove non c’è vita, di fare germogliare acqua di pietra, di ci fare santi stesso quando soltanto vediamo debolezze. Una buona dose di buon umore è anche sempre benvenuta, per non fermarci soltanto in noi stessi.
Dunque la liturgia d’oggi ci ricorda che il nostro impegno di pregare un può più, di fare più penitenza non è vano, come la fede di Abram non era vana e come dice la Parola di Dio “Egli credette al Signore (con buon umore io aggiungo), che glielo accreditò come giustizia” (Cf. Gen 15,6).
Insieme con noi, prega la Chiesa in tutto il mondo, credendo che la grazia di Dio può fare miracoli. Preghiamo specialmente per il Santo Padre Benedetto XVI in questa ultima settimana del suo pontificato e anche per il prossimo Papa che il Signore ci darà.
Per finire la nostra meditazione io vi lo ripeterò le parole del Santo Padre ieri nella conclusione degli esercizi spirituali della curia romana “Credere non è altro che, nell’oscurità del mondo, toccare la mano di Dio e cosi, nel silenzio, ascoltare la Parola, vedere l’amore” (Benedetto XVI)

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