Solennità del Battesimo del Signore

(Is 42,1-4.6-7; Sl 28; At 10,34-38; Mt 3,13-17)



         Cari fratelli e Sorelle oggi celebriamo il Battesimo del Signore, e vorrei insieme a voi, meditare alcune aspetti di questa solennità specialmente avendo presente il rapporto che ha con il nostro battesimo cristiano, affinché possiamo ringraziare a Dio questo dono e  rafforzare la nostra convinzione di che il battesimo ci ha tornato figli di Dio.
         Anzitutto conviene sapere quali sono i doni che riceviamo nel Battesimo, il Catechismo della Chiesa Cattolica ci ricorda che sono specialmente tre: Il perdono dal peccato originale e la grazia santificante, la filiazione divina e il diritto alla vita eterna. Possiamo pensare in tanti altri, come le virtù teologali, nella grazia di diventare sacerdoti, profeti e re. Ma oggi pensiamo ai primi tre e in questo senso conviene fermarci un può sulla differenza del nostro battesimo con quello di Gesù.
      In questa prospettiva possiamo pensare in una domanda: perché Gesù si ha fatto battezzare?  Essendo lui perfetto Dio e perfetto uomo, quindi senza peccato e autore di ogni grazia, aveva bisogno del battesimo per il perdono del peccato originale e ricevimento della grazia santificante? Sicuramente no.
 Consideriamo anche che essendo Lui Il Figlio Unico di Dio Padre, come abbiamo ascoltato nel Vangelo “Questo è il Figlio Mio, l’amato: in Lui ho posto il mio compiacimento.(Mt 3,17) facciamo altra domanda: aveva Lui il bisogno del Battesimo per diventare Figlio di Dio? Anche no, perché Lui era e è il Figlio per Natura.
Consideriamo ancora altra domanda: essendo Dio, dunque eterno, aveva bisogno del Battesimo per guadagnare la vita eterna? La risposta è ovviamente no.
Allora perché Gesù si ha fatto battezzare nel fiume Giordano per Giovanni?
    Questa è una domanda opportuna e molto importante per la nostra riflessione d’oggi. Opportuna perché possiamo vedere che lo stesso Giovanni si è stato impressionato con l’andata di Gesù a sé, “Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu viene da me?(Mt 3,14). La risposta di Gesù ci fa pensare all’orizzonte dell’importanza vera del suo battesimo, “lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia.” (Mt 3, 15).
         Dobbiamo pensare alla risposta di Gesù in un doppio senso, in un primo momento nel senso della risposta all’interno del contesto in cui viveva, e dopo, pensare cosa questo significa nella nostra vita.
Come bene ricorda Benedetto XVI, “il senso di questa risposta, che suona enigmatica, non è facile da decifrare. In ogni caso nella parola ’ártri – per ora – c’è una certa riserva: in una determinata situazione provvisoria vale un determinato modo di agire. Per interpretare la risposta di Gesù è decisivo il significato che si attribuisce alla parola ‘‘giustizia’’: si deve adempire ogni giustizia. Nel mondo in cui vive Gesù ‘giustizia’ è la risposta dell’uomo alla Torah, l’accettazione della piena volontà divina.[1]
Infatti possiamo immaginare l’impressione forte che il battesimo di Gesù ha lasciato in tutte quei pellegrini che venivano da Giovanni per farsi battezzare, come sappiamo quel battesimo fatto da Giovanni implicava la confessione dei peccati (cfr. Mc 1,5) e una conversione di vita, una preparazione interiore per il Regno di Dio che era vicino.
Carissimi non possiamo dare una risposta semplicista a questa realità, come se lui si ha fatto battezzare per darci soltanto un esempio, già che noi dobbiamo anche esseri battezzati, perché questa non è soltanto una risposta semplice, è anche sbagliata, è ridurre la vita di Gesù a un moralismo, come se ciò che Lui fa fossi semplicemente per dare l’esempio. Il battesimo di Gesù e tutto che Lui ha vissuto c’è un significato molto più profondo.
Non possiamo pensare soltanto al senso utilitarista della nostra fede, soprattutto perché la vita di Gesù e anche la nostra vita c’è un senso molto più profondo che quello utilitarista che risponde soltanto a che una cosa serve, quando infatti la riposta più importante sarebbe quella che corrisponde all’essenza, perché non soltanto risponde a che una cosa  o attitudine  serve, ma anche come e perché è stata fatta.
Per non allungare troppo la nostra meditazione, vorrei sottolineare soltanto alcuni aspetti di questa solennità che corrispondono specialmente ai tre doni dette all’inizio della nostra riflessione.
All’entrare nelle acque del fiume Giordano, Gesù non è stato santificato per le acque, ma invece, è stato Lui a santificare le acque e in quell’acque vengono rappresentati tutte le acque del nostro battesimo cristiano. Così possiamo credere nel dono ricevuto nel nostro battesimo, che è il perdono dei peccati e la purificazione della nostra anima che viene attraverso il dono della grazia santificante, che ci da anche la capacità di credere in Dio ed accogliere la fede. Infatti l’acqua è sempre fonte di vita e specialmente i grandi fiumi sono sempre tanto importanti per la vita di tutto ciò che è intorno. “Se pensiamo nei grandi fiumi di quella zona in cui viveva Gesù: Nilo, Eufrate, Tigri, erano grandi dispensatori di vita. Anche il Giordano è fonte di vita per la sua terra, lo è ancor oggi.[2] Così anche il nostro battesimo è fonte di purificazione interiore, rinnovamento dello spirito, vita per le nostre anime, fonte di grazie e doni di Dio.
Abbiamo visto che il secondo dono ricevuto nel Batessimo è quello  di diventare figli di Dio, perché ci fa inserire nel seno della Chiesa, ci fa vere cristiani e discepoli di Cristo, conforme il suo mandato nel fine del Vangelo di S. Matteo, “andate dunque e fate discepoli miei tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino a quando questo tempo sarà compiuto.” (Mt 28,20)  Questa è dunque la nostra garanzia, la presenza di Dio nella nostra vita, la certezza che non camminiamo mai da soli. È Lui sempre a condurre i nostri passi e in linea di massima, tutta la nostra esistenza umana.
Il terzo dono che abbiamo detto, è il diritto alla vita eterna, infatti “Per mezzo del battesimo, siamo stati sepolti insieme a Lui nella morte, affinché, come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova” (Rm 6, 4) più ancora, il battesimo ci ricorda che le sofferenze di questa vita mortale non sono l’ultima risposta, non sintetizzano il senso della nostra vita. Dice ancora S. Paolo, “Ritengo infatti, che le sofferenze del tempo presente non siano paragonabili alla gloria futura che sarà rivelata in noi” (Rm 8,18).  Abbiamo dunque il diritto alla vita eterna con Dio, ma bisognammo prendere possesso di questo diritto, perché una cosa è avere il diritto e un’altra cosa è prendere il possesso di questo diritto.
Viviamo dunque secondo il nostro battesimo, ossia, prendendo posse dei doni ricevuti, che ci fa anche membri di una grande famiglia che è la Chiesa, dove dobbiamo aiutarci ed amarci gli uni gli altri, e non vivere come si fossimo avversari, ostacoli alla felicità uni degli altri.
         Sappiamo bene che soltanto il peccato ci può allontanarci della nostra dignità di figli di Dio, però sappiamo anche che la confessione sacramentale ci restituisce lo stato battesimale nella nostra anima. Cerchiamo dunque di vivere sempre nella grazia di Dio, nella sua amicizia e con i nostri fratelli.
         Allora celebrando il battesimo del Signore e ricordando i doni ricevuti nel nostro battesimo cerchiamo di rinnovare la nostra vita interiore ringraziando soprattutto a Dio per il suo amore, e soprattutto per averci chiamato a stare qui adesso, in questa eucaristia per manifestare e rinnovare la nostra fede.




[1] BENEDETTO XVI, Gesù di Nazaret. Libreria Editrice Vaticana. Città del Vaticano, 2007. Pag. 37.
[2] Cf. ibidem. Pag. 36.

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