Solennità di Tutti i Santi
>> sexta-feira, 1 de novembro de 2013 –
HOMILIAS
(Ap 7,2-4.9-14; Sl 23(24); 1Gv 3,1-3; Mt 5,1-12a)
Carissimi fratelli e
sorelle, oggi la Chiesa celebra la solennità di tutti i santi, perché questa
una data cosi importante? Chi sono queste santi? Che influenza hanno sulla nostra
vita? Sono queste risposte che cercheremo nella nostra riflessione d’oggi.
Questa festa è importantissima perché è anche un
invito a meditare la nostra vocazione prima, la santità, a quale Dio chiama a
ognuno di noi. Cerchiamo di capire cosa è questa santità. Sicuramente non
possiamo confondere santità con impeccabilità, alle volte possiamo pensare
nella vita dei santi e vedere che hanno fato cose davvero belle, mas che non
siamo in grado di fare, che sono state persone cosi fortunate oppure straordinari
che quando guardiamo la nostra semplice esistenza umana siamo tentati a pensare
che questa chiama non è per noi, perché siamo troppo “normali”.
Penso che questa confusione è proprio un gioco dal
diavolo, che prima ci fa ammirare la vita di queste santi, ma dopo ci convince
a non imitare la loro fede. Quando cappiamo che la santità non è proprio
impeccabilità e soprattutto quando vediamo chi sono questi santi riusciamo a
vedere che è una chiamata semplice, naturale alla nostra esistenza e alla
nostra dignità di figli di Dio, anche che consiste principalmente in lasciare
che Dio sia Dio in nostra vita.
Troviamo la confermazione di questo quando guardiamo
meglio chi sono questi santi, S. Giovane raccontando la visione mistica che ha
avuto ci dice sono “una moltitudine
immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua”
(Ap 7, 9b) e che “sono quelli che vengono
dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendo-le candide
nel sangue dell’Agnelo” (Ap 7, 14b). Qui vediamo specialmente due realità,
primo che è una chiamata universale, a tutte le persone, secondo che la
vittoria non consiste in non cadere mai, ma invece in lavare le vesti nel
sangue di Gesù.
Se uno non c’è una veste sporca non bisogna lavarla.
Quindi la vittoria appartiene a Cristo, che ci purifica da ogni peccato con il
suo sangue redentore sulla croce. Altro dettaglio che ci lascia chiaro che i
santi non sono state fortunate, esseri straordinario troviamo anche in questo
passaggio, “sono quelli che sono venute
dalla grande tribolazione”, qui l’appostolo si riferisce alla la vita
umana, sempre piena di tante ostacoli, stanchezze, imprevisti ecc.
Superata la visione sbagliata di santità e di chi
sono i santi e coscienti che la chiamata appartiene a tutti noi vediamo
l’importanza di q questo nella nostra vita, che pensa Gesù quando ci chiama ad
esseri santi.
È interessante pensare che Gesù chiama i santi di
beati, come abbiamo ascoltato nel Vangelo. Ma che cos’è questa beatitudine?
I beati sono quelle che trovano Dio, dunque la
beatitudine può essere tradotta anche come felicità, come infatti troviamo
nella ad esempio nella traduzione portoghesa di questo vangelo. Come dice
sant’Agostino il nostro cuore rimane inquieto in quanto non riposa in Dio. Cosi
lo esprime nelle sue Confessioni “Tardi ti ho amato, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi
ti ho amato. Tu eri dentro di me, e io fuori. E là ti cercavo”. Con noi succede tante
volte lo stesso, cerchiamo Dio nel luogo sbagliato! Lui è in noi, è più intimo
a noi che noi stessi.
Questo vuoi dire il Papa Francesco
che bisognammo promuovere la
cultura dell’incontro, l’incontro che lui parla è proprio l’incontro con Dio
che presenta come conseguenza un nuovo sguardo, un nuovo atteggiamento alla
realtà e agli altri persone.
“Beati i poveri
di spirito, beati quelle che sono nel pianto, beati i miti, beati quelli che
hanno fame e sete della giustizia, beati i misericordiosi, beati i puri di
cuori, beati gli operatori di pace, anche beati i perseguitati” (cfr. Mt 5,
1-12). Come possiamo vedere felicità in queste realità che ci fa soffrire
tanto? Qui vediamo un vero confronto dalla logica del mondo con la logica di
Dio.
“Cristo ci invita con insistenza a lasciare le nostre
vecchie idee e ad accettare il suo punto di vista, ci invita a cambiare
atteggiamento abbandonando la nostra tendenza al possesso per trovare in Lui la
gioia dell’amore vero, largo, libero.
Istintivamente
vogliamo possedere, credendo di trovare cosi la felicità, quando in realtà è
giustamente l’istinto di possesso che fa la nostra infelicità, perché ci
rinchiude nel nostro egoismo, ci separa degli altri, ci oppone a loro.”[1]
Ma è
vero che bisogna approfondire per riuscire a vedere questo, e questo hanno fato
i santi, e dobbiamo fare anche noi, per poter sentire la vera felicità che
parla Gesù e che ci la da attraverso il suo Santo Spirito.
Qui mi
ricorda da un sacerdote amico che mi diceva una volta, che finalmente aveva
imparato cosa significava la felicità degli affamate sedenti di giustizia, dopo
aver imparato che la ricompensa viene subito quando si cambia lo sguardo alla
realtà. Soltanto dopo soffrire nella sua vita una situazione di ingiustizia ha
imparato a aspettare più di Dio e non cercare nelle altre quello che soltanto
Dio gli poteva dare e anche ha visto che poter scoprire questo ha avuto bisogno
di sperimentare l’ingiustizia.
Carissimi,
questo significa che attraverso la preghiera, attraverso lo Spirito Santo che
ci insegna a chiedere quello che davvero abbiamo bisogno è che si fa la vera
esperienza di Dio. Ma questo significa ancora una realtà più profonda, la
felicità che ci promette Dio non è soltanto per la vita eterna. No! Comincia
già in questa vita. Ma bisogna trascendere alle apparenze, andare al di là e
trovare lo invito divino anche nella tribolazione.
Gesù non
dice che la ricompensa dei beati è soltanto la vita eterna, ma che di loro è il Regno di Dio e sappiamo che Lui è
venuto per instaurare questo Regno di Dio, dunque è già cominciato e poi sarà
pieno, perché lo vedremo cosi com’è.
Possiamo
pensare che questo è difficile, ma io vi lo ricordo che "non riesco" diventa "non posso", e "non posso" è già l’incredulità. Basta
lasciare Dio esser Dio, lavarsi e purificarsi nel sangue dell’Agnello come ci
dice S. Giovane. Come? Nel sacramento della confessione, nell’eucaristia che
fra poco riceveremo.
Per
finire la nostra meditazione racconterò una piccola storia che è successa con
un amico mio.
Lui
andava a una Chiesa per fare preghiera, una chiesa bellissima, quella di S.
Paolo Fuori Muri, e che mai era stato. E prima di entrare nella chiesa, un uomo
paralitico gli ha chiamato, disperato, perché era venuto da lontano con un
bambino di due mesi malatissimo, dopo averlo portato al medico e il medico dire
che aveva grave rischio di vita al bambino, e che lo doveva portare subito a un
ospedale che si trovava soltanto in Roma. Questo paralitico era in machina con
i genitori del bambino e loro non erano mai state a Roma e dopo aver girato
tanto, forse perché il loro cuori erano troppo angosciate con la situazione,
non riuscivano a trovare quel benedetto ospedale. Ha chiesto, proprio implorato
per il mio amico guidare loro all’ospedale. Devo dire che il mio amico non
conosceva tanto Roma, ma in quel momento ha notato che lo aveva scelto per quella
missione e con quel po’ che conosceva, ha lasciato il suo interesse di
conoscere la Chiesa, oppure almeno ritardato questo, ha vinto anche la paura di
entrare in una machina di uno sconosciuto e ha portato loro all’ospedale, nel camino ha cercato di parlare di Dio, di
offrire un po’ della sua fede a quelli persone davvero bisognosi di speranza.
Il fatto
è che dopo fare questo lui ha esperimentato la certezza della felicità, di aver
lasciato una volta le sue preoccupazioni anche le sue occupazioni per aiutare,
e la ricompensa anche l’ha ricevuto in anima. La gioia che vieni di Dio. Che
gioia in vedere un sorriso di speranza in quelli giovanili genitori.
Chiediamo l’aiuto di tutti i santi, della Madonna, di
tutti quelli che hanno vinto la grande tribolazione e che hanno lavato la veste
nel sangue di Gesù, affinché anche noi possiamo fare l’esperienza di aprirsi,
di cambiare lo sguardo verso il mondo, e di trovare quella pace che viene da
Dio.