IV Domenica del Tempo Ordinario
>> sexta-feira, 8 de fevereiro de 2013 –
HOMILIAS
Carissimi Fratelli e sorelle, in questa quarta
Domenica del Tempo Ordinario il Vangelo ci presenta la continuazione
della prima predicazione di Gesù tra i suoi.
Il Signore Gesù si presenta come profeta e,
davanti alla fatica dei suoi conterranei ad accogliere il mistero
della sua persona e a rispondere agli inviti della sua missione.
Quando Gesù dice che “Oggi si è
compiuta questa Scrittura che voi avete udito con i vostri orecchi”,
vuoi dire che il sogno di Dio inizia oggi, non in un incerto domani:
questo succede perché la parola diviene realtà, non è uno dei
tanti discorsi che siamo abituati a ripetere ed ascoltare, una delle
tante parole che finiscono per diventare uguali perché nessuna
diventa vera.
Come abbiamo meditato nella settimana scorsa, la
Parola di Gesù, è Parola di Dio, Parola di Vita eterna, e davanti a
questa parola le nostre reazione deve essere quella dell’apostolo
Pietro: “Signore, da chi andremo?
Soltanto Tu hai parole di vita eterna(...)”
(cf. Jo 6,68).
Ma qual è la reazione degli conterranei di Gesù
dinanzi alla sua predicazione? Gioia? Entusiasmo? Speranza? Forza?
Coraggio? No. Gli abitanti di Nazareth, i suoi conoscenti, si
domandano: “Non è costui il figlio
di Giuseppe?” (Lc 4, 22) vale a
dire, “è uno che conosciamo bene! Come può realizzare un sogno
così?”.
Carissime Fratelli e Sorelle il diavolo non è
creativo, le nostre tentazione sono quasi sempre le stesse: ridurre
il Vangelo secondo noi stessi, trasformarlo secondo i nostri concetti
personali. Però dobbiamo ricordare che i nostri concetti, opinioni
personali, non sono Parole di vita eterna! Possono qualche volte
convincere a tanti, però la nostra vita non bisogna di argomenti
convincenti, bisogna prima di tutto, di senso, di motive sufficiente
per continuare il nostro impegno quotidiano, come bene ci ricorda
Benedetto XVI.
“La redenzione ci
è offerta nel senso che ci è stata donata la speranza, una speranza
affidabile, in virtù della quale noi possiamo affrontare il nostro
presente: il presente, anche un presente faticoso, può essere
vissuto ed accettato se conduce verso una meta e se di questa meta
noi possiamo essere sicuri, se questa meta è così grande da
giustificare la fatica del cammino.” (Spe Salvi, 1)
Non possiamo più affidare soltanto in noi
stessi, nella nostra esperienza personale, nella tecnologia, nella
rivoluzione sociale, ecc. Tutto questo può essere importante e non
possiamo disprezzare, però non possiamo aspettare di tutto questo,
quello che soltanto ci può dare Dio.
La nostra sete fondamentale è sete di vita
eterna, di pace, di speranza, di coraggio, di forza per continuare il
nostro impegno quotidiano per poter fare felici le persone che amiamo
e che dipendono di noi.
Infelicemente la postura dei conterranei di Gesù
non è una eccezione, è la postura più comune tra noi, non è
meramente una teoria astratta, è esattamente quello che vediamo ogni
giorni. Questa incredulità è il rifiuto che Gesù entri nelle
scelte della nostra vita ordinaria, il rifiuto che la sua voce, in
tutto simile alle nostre voci, sia però al di sopra delle nostre. È
questa incredulità che impedisce al Signore di operare miracoli,
come vediamo nel Vangelo di Marco, che Gesù non poté operare nessun
miracolo a Nazareth a motivo della loro incredulità (cf. Mc 6, 8-9).
Se, però, la Parola di Dio è viva e efficace,
come abbiamo già meditato, il Vangelo di oggi, è un nuovo invito a
ognuno di noi di permettere che la profezia annunziata dal Gesù,
possa essere compiuta oggi, non domani, nella nostra vita.
Bisognammo soltanto una cosa: permettere che la
grazia di Dio venga a noi, e come viene? Viene di diverse forme,
della Santa Messa, della confessione sacramentale, della preghiera
personale, dello esercizio della carità, del perdono che offriamo
alle altre ecc.. In tutte queste occasione è la voce dello Spirito
Santo che ci parla nella nostra coscienza, bisogna ascoltarla.
Carissimi, Dio è con noi, La Madonna è per noi,
il cielo intero prega per noi. Coraggio!